Another brick in the wall | significato testo, video e traduzione

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Another Brick in the Wall: il significato del testo e del video

Another brick in the wall è l’indiscusso successo dei Pink Floyd che portò il gruppo in vetta alle classifiche nel 1979 ed è un brano pregno di significato.

La versione video, una delle prime in assoluto associate alla canzone di un gruppo, rappresenta una denuncia a 360° che coinvolge non solo il sistema educativo scolastico dell’epoca, ma anche il tenore di vita degli operai costretti a lavorare alle catene di montaggio.

Il mondo rappresentato in Another brick in the wall ha un significato tetro, imprigionante e quasi claustrofobico.
Questo senso di costrizione è reso bene dalla condizione in cui venivano fatti studiare i ragazzi nei rinomati college inglesi.

Nel caso della canzone Another brick in the wall il significato più profondo è racchiuso nelle sensazioni e nei sentimenti di un ragazzino, Pink, che si ritrova a subire le angherie di un professore pieno di se, convinto di dare quell’educazione e quell’istruzione che lo faranno diventare un “vero” uomo.
Nel mondo statico di questo college nessuno si rende conto, e in particolare i professori che ricoprono il ruolo di “interpreti” del dettato di valori che deve trasmettere la scuola, che deridere gli alunni porta solo a un grande odio, alla gogna gratuita e non necessaria di fronte ai compagni di classe.
Gli stessi compagni di classe naturalmente non possono che dare seguito e consenso al professore-padrone, contro il quale tutti sono impotenti.

La canzone è fondamentalmente divisa in 2 parti e la prima prepara l’exploit vocale e strumentale della seconda: una metafora che vuole significare la ribellione a questo sistema opprimente.

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Ultimo aggiornamento il Novembre 12, 2024 6:33 pm
[CONTINUA SOTTO]

Il treno, il muro, l’alienazione

Il video si apre con il passaggio velocissimo di un treno a bordo del quale si intravedono centinaia di mani fuoriuscire da un vagone. Man man che il treno avanza si cominciano a scorgere anche i volti, che sono senza forma, con una vaga somiglianza a un animale del quale non si riesce a comprendere la specie, ma sono tutti uguali.

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I volti sono tutti uguali, come della merce appena uscita di fabbrica.

In questi primi fotogrammi del video si comprende come nel mondo degli anni ’70 ci sia un tentativo di omologare tutti a un modello. Il treno carico di essere umani, mentre si sentono sferragliare i vagoni, non può che riportare alla mente la deportazione verso i campi di concentramento.

È l’obnubilamento totale della pietà umana e dell’essere umano stesso, che porta verso la fine. Il bambino Pink osserva tutto questo come in un incubo, del quale però rimane spettatore inerme.
I professori si preparano alla loro giornata di insegnamento più determinati che mai, decisi e ferrei nel loro ruolo di educatori, quasi fosse una missione militare da portare a termine a qualsiasi costo.

Qualsiasi atto ritenuto fuori dal modello educativo viene punito con pene corporali, ai quali gli alunni devono sottostare senza mostrare il minimo cenno di sofferenza.
Il muro comincia a costruirsi con questi mattoni di grande solitudine, che è anche immensa distanza tra il mondo degli adulti e quello dei bambini. Gli stessi che si incamminano come automi su un rullo sul quale prima sono in piedi, e dopo si ritrovano seduti su dei banchi di scuola, ancora con le loro facce anonime e tutte uguali.

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Qui inizia l’incipit più famoso della canzone “we don’t need no education”, che è volto a significare che gli alunni non hanno bisogno di questo tipo di educazione. Interessante far notare la tecnica linguistica utilizzata per evidenziare ciò, quella della doppia negazionenon abbiamo bisogno di nessuna educazione infatti significa abbiamo bisogno di un’educazione (per comprendere le malefatte di questo sistema abbiamo bisogno di una vera educazione, non quella imposta).
L’educazione corrisponde al controllo mentale, quello necessario a renderli completamente inermi, senza reazioni, senza ribellioni al sistema costituito.

Il labirinto di muri nel quale sembrano camminare gli alunni crea solo divisioni, disunione.
Ed è proprio in questo frangente che l’urlo, quasi un comando con un intento liberatorio, esplode “Hey, teacher, leave them kids alone! Hey, maestri, lasciate in pace i bambini!”. L’espressione “Hey” serve a richiamare l’attenzione di chi ritiene il suo comportamento del tutto normale nella sua arroganza e irrispettosità. Non c’è niente di più lontano dalle teorie pedagogiche di un insegnante prevaricatore, magari influenzato da “antipatie” personali, per le quali non esita ad abusare del suo potere.

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In Another brick in the wall il significato del prevaricatore è chiaro: chi sta costruendo il muro sono i professionisti, i maestri, gli educatori che usano ogni alunno trasformandolo nel mattone che serve per renderlo sempre più alto, insormontabile.
La costruzione del muro nell’intento di questo sistema educativo si deve perpetuare e non va mai interrotta.

L’educazione dei bambini che saranno adulti

another-brick-in-the-wall-testoUna pianta per crescere deve avere tutte le cure possibili, allo stesso modo i bambini per avere una crescita serena devono vivere in ambienti accoglienti.

Il senso del mondo di Another brick in the wall è, invece, quello della massima severità, durezza e soprattutto tristezza. Non c’è mai un sorriso sul vivo dei bambini, neppure accennato.
Questa educazione li guida verso la morte civile, verso l’essere uomini che non si distinguono e finiscono per vivere una vita piatta.

I bambini su quel rullo vengono spinti verso un enorme tritacarne, che è la vita che li aspetta costruita dagli adulti, dai genitori, dai nonni, da chi dovrebbe invece gettare le basi di un futuro positivo.
L’immagine che si vede nel video del tritacarne è molto forte.
I bambini precipitano in un’enorme vasca e poi inevitabilmente vengono “finiti”.

Una speranza però esiste ed è la ribellione. Finalmente anche loro gridano in coro di essere “lasciati in pace” e prendono in mano la situazione.
Gettano via le maschere, tolgono le divise tutte uguali, si alzano in piedi lasciando i loro banchi vecchi, afferrano asce e martelli e cominciano a rompere tutto, anche quel muro.
Sono uniti nel compiere finalmente quel passo decisivo verso la libertà. I colpi contro quel muro sono violenti e con esso crolla anche la scuola, simbolo di oppressione e di prevaricazione. Il fuoco che distrugge, ma nello stesso purifica, comincia a diffondersi completando l’opera di distruzione del sistema alienante.

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Gli alunni festeggiano, urlano, ballano e gettano nel fuoco anche libri e pezzi di legno. Riescono addirittura a prendere per le braccia il maestro-padrone, che nel suo modo di porsi e di parlare ricorda neppure tanto velatamente certi dittatori di vecchia memoria.

All’improvviso però tutto si interrompe e Pink si ritrova ancora davanti al suo maestro urlante, rabbioso, mentre incita i suoi compagni a ripetere insieme a lui qualcosa.

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Era tutto un sogno, un bel sogno che si è interrotto troppo presto.
Pink si ritrova ancora seduto al suo vecchio banco, quasi nascondendosi per non farsi notare.
La realtà è ben diversa da quella della ribellione e continua a essere terribilmente uguale a quella di sempre, senza avere la forza di reagire.

Il rapporto tra bambini e adulti nel sistema educativo inglese sembra quindi destinato a non cambiare, a rimanere comunque quel tritacarne che è stato fino a oggi.
In una scena del video si vede l’unico cenno di umanità da parte del maestro mentre sta mangiando, con alle spalle il quadro della Regina Elisabetta II. Siede di fronte a quella che sembra essere la moglie e che gli impartisce una sorta di “comando”, che lui puntualmente esegue, cercando consenso mentre accenna a un falso sorriso.

Da qui si comprende come il suo comportamento alla stregua di quello di tutti gli insegnanti dell’epoca era predeterminato, deciso a tavolino, creato ad hoc per arrivare all’obiettivo delle “vite tutte uguali”.
Lo stesso maestro-padrone, infatti, davanti alla moglie sembra cambiare completamente atteggiamento, cercando in lei una complice, ma essendone nello stesso tempo vittima: esegue il suo ordine.

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L’uomo non sa rapportarsi ai suoi alunni e l’unico modo che conosce è quello di ergersi a un livello superiore, ma precario. Un giorno quegli stessi bambini si spera che cercheranno in tutti i modi di non seguire il suo esempio.

Qui interviene la rappresentazione dell’eterna lotta tra generazioni, tra chi è nato prima e vuole rimanere nella sua epoca, e chi è nato dopo e cerca in tutti i modi di vivere la sua, quella contemporanea.
I bambini e alunni degli anni ’70 sono incompresi, messi da parte, annullati nella loro personalità. Non gli permettono in nessuno modo di esprimerla e, anzi, fanno di tutto per annientarla.
In passato, come vuole esprimere il significato di Another brick in the wall, i bambini erano considerati solo “creta da plasmare”. Sembrava che non avessero quasi la facoltà pensante e del ragionamento. La crescita non era quella progressiva, fatta di insegnamenti pazienti, ma quella di chi deve portare a termine le sue ore di lavoro, nella massima indifferenza a qualsiasi situazione emozionale, allo status psicologico o al bisogno affettivo.

Il video di Another brick in the wall si chiude con un insistente squillo del telefono a disco e con una foto, dove è ritratto presumibilmente il padre del bambino. Anche in questo caso il genitore non è stato presente e l’assenza di un padre non si sostituisce con una telefonata, che alla fine non riceve nessuna risposta.
La canzone non ha alcun riferimento, per quanto quasi visionaria, al Muro di Berlino, che fu comunque abbattuto 10 anni dopo.

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Another Brick in the Wall: il testo completo

We don’t need no education
We don’t need no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teachers leave them kids alone
Hey! Teachers! Leave them kids alone
All in all it’s just another brick in the wall
All in all you’re just another brick in the wall

We don’t need no education
We don’t need no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teachers leave those kids alone
Hey! Teachers! Leave those kids alone
All in all you’re just another brick in the wall
All in all you’re just another brick in the wall

“Wrong, do it again!”
“If you don’t eat yer meat, you can’t have any pudding
How can you have any pudding if you don’t eat yer meat?”
“You! Yes, you behind the bike sheds, stand still laddy!”

Il video di Another Brick in the Wall, Pink Floyd

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